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e materna della Fata, concorrono a stabilire un contesto più definito e chiaro possibile per i piccoli spettatori, preservati dalla probabile ambiguità del romanzo, maggiormente portato a esprimere una seria e feroce denuncia sociale, attraverso personaggi dalla dubbia natura, e vicende, specchio di un'ingiustizia radicata nel
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tempo. Il cartone animato del 1940 si libera della funzione accusatoria, rappresentando il semplice e miracoloso congegno atto a conoscere la Fantasia e godere dell'Illusione, ammirando le meraviglie espressive dell'animazione, incoraggiando l'aspetto empatico del pubblico con l'eroe, la cui bontà d'animo non viene mai scalfita dall'umanissima - e certo più realistica - ma imperfetta, messa in discussione dell'etica e del |
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comportamento. Il film della Disney si svincola da obiettivi troppo severi, puntando felicemente sul sentimento e sulla sfera affettiva, appagando il bisogno di immaginazione sia del bambino che dell'adulto, in linea con la visione del sogno che si identifica con l'urgenza di trasferire il proprio "io" in un ruolo fantastico, riflesso dei nostri difetti, ma inevitabilmente messo in salvo dalla disposizione irreale della fiaba. Pinocchio non è più l'immagine equivoca della fallibilità umana, bensì il simbolo incontestabile dell'espiazione, garantita dall'ambito magico, occasione chimerica di un'opera che non sospenderà mai la propria efficacia, né la lucentezza che ne alimenta lo splendore del capolavoro senza tempo.
Lo era IERI,
lo è OGGI
e lo sarà
DOMANI.
(di Francesca
Lenzi)
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Riepilogo |
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