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MANHUNTER |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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Il
detective Will Graham (Petersen,
non brilla particolarmente per espressività
ma il viso e lo sguardo sono quelli
giusti, e il ruolo di detective
tagliente e determinato gli si addice
alla perfezione), ritiratosi dopo
aver catturato il serial killer
Hannibal Lector (Cox, adatto al
personaggio, cui conferisce un’aria
malsana e melliflua, ma in futuro
sarà
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adeguatamente rimpiazzato da Anthony
Hopkins), viene richiamato in servizio
per catturare un nuovo assassino (Noonan,
perfetto, uno dei migliori «cattivi»
della storia del cinema: lugubre e pericoloso,
internamente fragile ed esternamente
terrorizzante) che uccide con la luna
piena e viene soprannominato “dente
di fata”. Comincia così
una frenetica caccia all’uomo.
Il male non è mai da una parte
sola ma attraversa gli uomini dividendoli
in due, scindendo diabolicamente (anche
in senso letterale, dato che il prefisso
di origine greca “dia” significa
“attraverso” ed evoca sovente
una relazione o una spartizione duale)
le due metà per poi unirle di
nuovo e fonderle insieme. Mann dà
vita ad un thriller mozzafiato che tiene
in sospeso sino ad un finale tesissimo
e tonitruante e, con il consueto stile
asciutto e suggestive sfumature da film
noir, affronta la tematica della dicotomia
dialettica tra bene e male in perenne
lotta tra loro. Lo scontro si verifica
sia all’esterno, con la caccia |
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tra Graham e Dollarhyde, sia dentro
le menti dei due protagonisti,
giacché Dollarhyde ritrova
il suo lato «buono»
grazie all’amore e alla
fiducia di una ragazza cieca e
Graham recupera il suo lato «cattivo»
immedesimandosi nell’assassino
e dialogando con il temibile Hannibal
Lector. Ma dove nascono bene e
male? La sete di potere e di essere
amato spingono “dente di
fata” ad uccidere (atto
che – come viene rivelato
nel film – rende |
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simili a Dio, che lo fa continuamente),
ma è proprio l’accettazione
e l’affetto sincero di un altro
essere umano a placare quell'appetito.
La necessità di fare del bene
costringe invece Graham a risvegliare
il male che è dentro di lui,
per poterlo capire e infine combattere.
Al di là dei conflitti e delle
filosofie, “Manhunter” è
un thriller raffinatissimo: per la sua
musica virtuosistica e inquietante;
per una fotografia nitida che predilige
la purezza dei colori freddi, dando
risalto alle rare, intense ed esplosive
cromatiche calde; e per una pervasiva
e avvolgente atmosfera tenebrosa. Adattato
da un romanzo di Thomas Harris, “Manhunter”
precede – cronologicamente e narrativamente
– “Il silenzio degli Innocenti”
(cui seguirà un remake non all’altezza:
“Red dragon”) ed è
un capostipite indiscusso del serial-thriller.
Ciò lo rende un capolavoro.
Lo era IERI,
lo è OGGI
e lo sarà
DOMANI.
(di Dario
Bevilacqua )
-
Riepilogo
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