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BRAZIL |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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Sam
Lawry è un efficiente impiegato
presso l’archivio statale
di una imprecisata città,
capitale di un non identificato
Paese, nel quale regna la Burocrazia
e ogni cittadino è schedato
e monitorato. Sam vorrebbe fuggire
dalla routine e sogna, sulle musiche
di “Brazil”, di poter
volare e di incontrare una donna
bella e misteriosa. Nel frattempo,
gruppi eversi-
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vi cercano di sovvertire il sistema
e Sam finirà per trovarsi al
centro di un oscuro disegno. È
attraverso la macchina burocratica che
si gestisce il potere. Solo mediante
un controllo capillare e infinitesimale
della società, degli individui
e delle loro azioni si può mantenere
l’autorità, nascondendo
ed omettendo, manovrando nell’ombra
e diffondendo la paura. Questo è
lo strumento che useranno i vertici
di potere quando la società avrà
abdicato al suo ruolo. In un futuro
senza speranza e dai cieli grigi, in
cui gli uomini avranno smesso di sognare,
il cibo sarà sintetico e artefatto,
la cultura sarà bandita, l’inquinamento
alle stelle, la chirurgia estetica la
nuova religione dei ricchi, ed ogni
cosa, persona o gesto sarà registrato
e controllato, i governi si impossesseranno
delle libertà degli uomini e,
per il loro bene, li controlleranno.
Così le amministrazioni, i poteri
pubblici che devono perseguire l’interesse
generale e sono teoricamente sottoposti
al diritto e al |
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consenso democratico, decideranno
e interverranno nelle vite degli
uomini, a volte agevolando o proteggendo,
altre appropriandosi di quelle
stesse vite. E tramutando i cittadini
in sudditi. Questo è ciò
che ha sempre fatto e sempre farà
il potere, quando non adeguatamente
bilanciato. Sovente, uccidendo
la libertà e la fantasia.
Sempre, tradendo i principi fondamentali
del vivere comune. Questo ci racconta
Gilliam, come moni- |
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to per ciò che potrebbe accadere,
descrivendo una società futuribile
e apolicattica, spaventosamente diseguale
– con i cittadini comuni relegati
negli slums – e pervicacemente
autoritaria; efficientista e perfezionista,
ma sovvertibile da errori banali, e
priva di creatività e speranza.
Il regista americano si ispira liberamente
al “1984” di Orwell, ma
ambienta il film in un imprecisato luogo
temporale del futuro, scegliendo una
scenografia retro-futurista piena di
rimandi alle icone del fascismo e curata
in ogni dettaglio estetico e simbolico
grazie ad un indiscusso talento immaginifico.
Si pensi al cappello a forma di scarpa
della madre di Sam o alle grottesche
e inquietanti maschere da bambino dei
torturatori. “Brazil” è
un film fuori dal comune: un trattato
di filosofia-politica dall’estetica
barocca, una favola nera e visionaria
che commuove, disturba e fa riflettere,
rivelandosi come un coacervo di sogni,
incubi e possibili realtà. Un
inno alla libertà e alla fantasia,
alla vita mite del povero Sam Lawry
(straordinario anti-eroe: timoroso burocrate
modello, ingenuo e miope, vittima del
sistema ma ancora in grado di sognare
e, pertanto, pronto ad abbracciare la
giusta causa della resistenza a un potere
tirannico) e al suo desiderio d’amore
e di fuga, ma anche un grido disperato
che nasce dalla paura di non poter più
modificare ciò che non può
essere tollerato. “Brazil”
è spiazzante e folgorante, disilluso
e, al tempo stesso e nonostante la sua
immortale attualità e il suo
ineluttabile pessimismo, pieno di speranza:
perché quest’ultima “non
è la convinzione che le cose
andranno bene, ma la convinzione che
quel che stiamo facendo ha un senso,
indipendentemente dal risultato”(V.
Havel). Camei per Ian Holm, Bob Hoskins
e Robert De Niro, in un personaggio
diabolicamente sovversivo e istrionicamente
baffuto; nonché per l’ex
Monty Python Michael Palin, qui in un
ruolo inquietante e desolante. Il suo
ex collega Terry Gilliam, alla regia,
firma e alla terza opera dietro la macchina
da presa, firma il suo capolavoro, dando
vita ad un racconto che non smetterà
mai di essere presente. Per questo “Brazil”
è storia del cinema.
Lo era IERI,
lo è OGGI
e lo sarà
DOMANI.
(di Dario
Bevilacqua )
-
Riepilogo
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