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2001:
ODISSEA NELLO SPAZIO |
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Scopo di
questa rubrica è analizzare i
grandi CAPOLAVORI del
'900 e quindi di IERI. Contestualizzarli
ad OGGI per capire se la prova del TEMPO
li ha resi ETERNI o superati. Verranno
presi in esame solo opere che all'epoca
venivano considerati CAPOLAVORI
per capire, analizzando il contenuto
e la forma, gli aspetti che li hanno
resi tali da essere, circoscritti al
loro TEMPO per ovvi motivi sociali o,
ETERNI anche OGGI e DOMANI. |
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L’alba
dell’uomo. Dopo aver "scoperto"
un misterioso monolito, un gruppo
di scimmie dimostra di possedere
la scintilla dell'intelligenza.
I primati la applicano subito usando
un osso come strumento per cacciare,
ma anche come arma per uccidere
altri loro simili. Con un salto
temporale (esemplificato da una
delle più famose scene della
storia del
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cinema: l’osso lanciato in aria
che diventa astronave) siamo nell’anno
2001: sulla Luna viene scoperto un misterioso
monolito, identico a quello preistorico,
che riceve impulsi da Giove. Qualche
tempo dopo, diretto verso il pianeta
maggiore del nostro sistema solare,
l'astronauta Bowman si trova a doversi
confrontare con il computer Hal 9000
(il nome si riferisce ad un modello
di IBM, ma usando le tre lettere che
precedono quelle usate nel celebre acronimo),
colpevole della morte dell’equipaggio.
Dopo aver affrontato Hal, comincerà
un nuovo viaggio. Ciclicità,
conoscenza, civiltà. Conoscenza,
civiltà, ciclicità. Civiltà,
ciclicità, conoscenza. È
con queste parole che si può
provare ad esemplificare “2001:
Odissea nello spazio”, benché
si tratti di un film indecifrabile,
impossibile da racchiudere, impossibile
da spiegare, come il monolito che in
esso si erge a simbolo e protagonista:
una figura assoluta e oscura, solida
ma misteriosa, potente e inafferrabile.
Disegnando un |
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cerchio perfetto (i riferimenti
alle forme circolari si ripetono,
continui e mai casuali, durante
tutta la durata del film), che
dall’alba dell’uomo
ritorna nuovamente al principio
della vita dopo un percorso evolutivo
che tocca un apice autodistruttivo
per redimersi in una salvifica
involuzione, Kubrick traccia una
memorabile parabola filosofica
sul senso della scoperta e della
conoscenza. In questo percorso
circolare c’è una
continua ricerca di |
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apprendimento e di evoluzione, da questa
curiosità – tratto esclusivo
dell’intelligenza compiuta –
nascerà la civiltà, stadio
massimo della crescita dell’uomo,
ma anche condanna: a nuove conoscenze,
a nuove ricerche e a continui fallimenti
che lo costringeranno a nuovi inizi.
Dal suo avvento sulla terra l’uomo
è destinato a rincorrere se stesso,
in un viaggio unico e mai ripetibile
che non ha soluzione di continuità,
sino a ripercorrere le medesime tappe
all’infinito. Una corsa verso
l’ignoto e l’inesplorato.
L’uomo è così vittima
e trionfatore della sua brama di conoscere.
Dominatore di tempo e spazio, creatore
di nuove tecniche e modulatore di possibilità.
Al contempo schiavo della propria incapacità
di fermarsi e magneticamente attratto
dall’indecifrabile monolito della
conoscenza. Essere immutabile e misterioso,
inesplicabile e inconoscibile in senso
profondo, l’uomo, usa scientemente
il suo sapere per dominare, creare e
distruggere, ma l’ineluttabile
assenza di limiti finirà per
annientarlo, rendendolo vittima di una
creatura che lui stesso ha tecnicamente
progettato e che non può più
essere controllata (esemplificata da
HAL 9000, macchina troppo rigida per
ubbidire alle furbizie dell’uomo).
Attraverso l’intuito e la capacità
di adattamento, l’essere umano
trasforma la conoscenza in ingegno,
usa la fantasia per liberarsi dalle
sue stesse catene e inganna, battendola,
la macchina, per cominciare un nuovo
viaggio che lo riporterà ad una
nuova nascita. La soluzione del mistero-conoscenza
è racchiusa nella stessa conoscenza,
in quanto causa ed effetto, fine e mezzo,
del viaggio dell’uomo. Adattando
con mirabolante creatività un
romanzo di Arthur C. Clarke, Kubrick
realizza il suo film più grande
e più complesso, ponendo in essere
cinema puro, in quanto racconto mediante
immagine in movimento, la quale, con
l’ausilio di musica e rumori,
narra, comunica, emoziona. “2001:
Odissea nello spazio” è
una pellicola unica, che affronta profondità
filosofiche in grado di mostrarsi sotto
molteplici angolature e di sorprendere
ad ogni (ri)visione – ma che si
può anche fruire passivamente,
lasciandosi ubriacare dalle sue suggestioni
visive. È un racconto, nel quale
lo svolgimento ciclico si adagia perfettamente
ad una sceneggiatura calcolata al millimetro,
ma che fa a meno di una storia propriamente
narrativa. È un viaggio, in cui
l’uso della musica classica (con
le note del “Danubio blu”
nel firmamento dello spazio) e la lisergica
combinazione delle immagini conducono
a destinazioni straordinarie e inspiegabili.
Non un capolavoro, ma il capolavoro.
Lo era IERI,
lo è OGGI
e lo sarà
DOMANI.
(di Dario
Bevilacqua )
-
Riepilogo
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