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300: l'alba di un impero recensione] - Avevamo difeso 300 strenuamente, come gli opliti di Leonida alle Termopili, l'avevamo difeso sia contro i critici accademici rimasti alla piuma d'oca che storcevano il naso per gli addominali in CGI senza cogliere l'innovazione linguistica che l'uso della tecnologia portava con sé, sia contro i critici marxisti che hanno tacciato il film di essere reazionario e fascista, come se opporsi all'invasore e sacrificarsi per la propria terra fossero concetti di destra o di sinistra. La storia ci avrebbe poi dato ragione, almeno in parte, perché in seguito Zack Snyder avrebbe fatto Watchmen che è un capolavoro di regia, ma avrebbe fatto anche Man of Steel che detto tra noi è una vera merda. Comunque se allora avevamo difeso 300, ora difendere questo sequel/prequel, 300 - l'alba di un Impero, sempre tratto da una graphic novel di Frank Miller, è impresa improba. Per cui manco ci proviamo. Per cosa poi? Neanche il tempo che il film cominci che ecco partire uno spiegone di un quarto d'ora per raccontarci come il re persiano Serse, alla morte del padre Dario, sobillato dall'invasata Artemisia, si trasforma da sovrano a divinità forse dei sadomasochisti, visto come va conciato. Spiegone che ha comunque il merito di unire il prima, il durante e il dopo in maniera efficace, compiendo un rapido excursus che va da Maratona alle Termopili fino a Salamina (utile per chi ha i ricordi di scuola un poco offuscati). Si inizia dove si era finito, con i 300 massacrati e l'esercito persiano che marcia sulla Grecia. La prima frase stupida che ci viene in mente, giusto perché viviamo di frasi fatte è: se Atene piange Sparta non ride. Un colpo al cerchio e uno alla botte, se là si celebrava Sparta ovvero la forza, qua si celebra Atene ovvero la ragione, se là toccava a Leonida ovvero la guerra ora è la volta di Temistocle ovvero la politica. Ma neanche per idea: Temistocle combatte come un ossesso e con lui tutti gli ateniesi, alla faccia del loro proclamarsi poveri contadini imbevuti di sofismi democratici, e l'astuzia tattica per cui Temistocle è passato alla storia si riduce ad un paio di stratagemmi improvvisati su due piedi - del tipo le navi persiane sono deboli ai lati quindi speroniamole ai lati! – in cui i persiani cadono come polli. Nella fase finale, quando soverchiato da forze 100 volte maggiori uno si aspetterebbe uno scacco matto degno di Kasparov, il nostro tira fuori un cavallo dalla stiva e compie una carneficina in solitaria, col cavallo che salta da un trireme all'altro, si tuffa in mare e risale con un balzo (cavalluccio marino?). Che poi viene da domandarsi: se Leonida era un mito allora Temistocle cos'è? Un mito anch'egli. E quanti miti possono convivere nello stesso pezzo di terra affinché l'idea di mito non venga meno? In ogni caso. Se 300 riusciva in quanto epico, stilizzato e simbolico, 300 - L'alba di un Impero non riesce in quanto ricalca il medesimo canovaccio semplicemente trasferendo lo scontro dalla terra al mare e ottenendo una copia carbone più sbiadita, confusa, e ripetitiva dell'originale, dove tra un ralenty diventato di maniera, una testa mozzata e un fiotto di sangue che sgorga copioso, si smarrisce l'abc di come si costruisce una sequenza d'azione, sterile se non la si introduce da un' adeguata preparazione, da un momento di attesa che si carica di suspance, dal senso di ineluttabilità che si fa tragedia e sacrifico, elementi che Snyder sapeva manovrare con abilità mentre Murro ne sembra totalmente sprovvisto. Così come sembra sprovvisto dei requisiti minimi per girare una battaglia navale come dio comanda, compito in verità non semplice ma che proprio per questo avrebbe richiesto un cineasta con un curriculum ben più solido alle spalle per non restare schiacciato dai pesanti effetti visivi. A lui si deve anche una delle scene di sesso più brutte mai viste, quella tra Temistocle e Artemisia, lui tal Sullivan Stapleton, una specie di Fassbender loffio, lei Eva Green che con quegli occhioni colanti proprio non riesce a piacerci nonostante la buona volontà nel mostrare le tette. Non ci dilungheremo nel questionare sui falsi storici, ma fin dalle elementari non ci insegnano che a Salamina i greci riuscirono ad aver ragione dei più numerosi persiani perché riuscirono ad attirarli in un luogo angusto dove le possenti navi di Serse non riuscivano a muoversi? E allora perché combattono in mare aperto? Non stava lì il capolavoro tattico di Temistocle con tanto di morale universalmente intesa? Non pretendiamo da Hollywood un trattato di storia ellenica ma trascurare la verità dei fatti in questo caso è stupido più che scorretto.
(La recensione del film "
300: l'alba di un impero" è di
Mirko Nottoli)
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