2001: ODISSEA NELLO SPAZIO
di S. Kubrick
di Dario Bevilacqua
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
L'alba dell'uomo. Dopo aver "scoperto" un misterioso monolito, un gruppo di scimmie dimostra di possedere la scintilla dell'intelligenza. I primati la applicano subito usando un osso come strumento per cacciare, ma anche come arma per uccidere altri loro simili. Con un salto temporale (esemplificato da una delle più famose scene della storia del cinema: l'osso lanciato in aria che diventa astronave) siamo nell'anno 2001: sulla Luna viene scoperto un misterioso monolito, identico a quello preistorico, che riceve impulsi da Giove. Qualche tempo dopo, diretto verso il pianeta maggiore del nostro sistema solare, l'astronauta Bowman si trova a doversi confrontare con il computer Hal 9000 (il nome si riferisce ad un modello di IBM, ma usando le tre lettere che precedono quelle usate nel celebre acronimo), colpevole della morte dell'equipaggio. Dopo aver affrontato Hal, comincerà un nuovo viaggio. Ciclicità, conoscenza, civiltà. Conoscenza, civiltà, ciclicità. Civiltà, ciclicità, conoscenza. È con queste parole che si può provare ad esemplificare "2001: Odissea nello spazio", benché si tratti di un film indecifrabile, impossibile da racchiudere, impossibile da spiegare, come il monolito che in esso si erge a simbolo e protagonista: una figura assoluta e oscura, solida ma misteriosa, potente e inafferrabile. Disegnando un cerchio perfetto (i riferimenti alle forme circolari si ripetono, continui e mai casuali, durante tutta la durata del film), che dall'alba dell'uomo ritorna nuovamente al principio della vita dopo un percorso evolutivo che tocca un apice autodistruttivo per redimersi in una salvifica involuzione, Kubrick traccia una memorabile parabola filosofica sul senso della scoperta e della conoscenza. In questo percorso circolare c'è una continua ricerca di apprendimento e di evoluzione, da questa curiosità – tratto esclusivo dell'intelligenza compiuta – nascerà la civiltà, stadio massimo della crescita dell'uomo, ma anche condanna: a nuove conoscenze, a nuove ricerche e a continui fallimenti che lo costringeranno a nuovi inizi. Dal suo avvento sulla terra l'uomo è destinato a rincorrere se stesso, in un viaggio unico e mai ripetibile
che non ha soluzione di continuità, sino a ripercorrere le medesime tappe all'infinito. Una corsa verso l'ignoto e l'inesplorato. L'uomo è così vittima e trionfatore della sua brama di conoscere. Dominatore di tempo e spazio, creatore di nuove tecniche e modulatore di possibilità. Al contempo schiavo della propria incapacità di fermarsi e magneticamente attratto dall'indecifrabile monolito della conoscenza. Essere immutabile e misterioso, inesplicabile e inconoscibile in senso profondo, l'uomo, usa scientemente il suo sapere per dominare, creare e distruggere, ma l'ineluttabile assenza di limiti finirà per annientarlo, rendendolo vittima di una creatura che lui stesso ha tecnicamente progettato e che non può più essere controllata (esemplificata da HAL 9000, macchina troppo rigida per ubbidire alle furbizie dell'uomo). Attraverso l'intuito e la capacità di adattamento, l'essere umano trasforma la conoscenza in ingegno, usa la fantasia per liberarsi dalle sue stesse catene e inganna, battendola, la macchina, per cominciare un nuovo viaggio che lo riporterà ad una nuova nascita. La soluzione del mistero-conoscenza è racchiusa nella stessa conoscenza, in quanto causa ed effetto, fine e mezzo, del viaggio dell'uomo. Adattando con mirabolante creatività un romanzo di Arthur C. Clarke, Kubrick realizza il suo film più grande e più complesso, ponendo in essere cinema puro, in quanto racconto mediante immagine in movimento, la quale, con l'ausilio di musica e rumori, narra, comunica, emoziona. "2001: Odissea nello spazio" è una pellicola unica, che affronta profondità filosofiche in grado di mostrarsi sotto molteplici angolature e di sorprendere ad ogni (ri)visione – ma che si può anche fruire passivamente, lasciandosi ubriacare dalle sue suggestioni visive. È un racconto, nel quale lo svolgimento ciclico si adagia perfettamente ad una sceneggiatura calcolata al millimetro, ma che fa a meno di una storia propriamente narrativa. È un viaggio, in cui l'uso della musica classica (con le note del "Danubio blu" nel firmamento dello spazio) e la lisergica combinazione delle immagini conducono a destinazioni straordinarie e inspiegabili. Non un capolavoro, ma il capolavoro.